LA FAMIGLIA OGGI: UNA REALTÀ IN EVOLUZIONE – Cap. 3
Istituti giuridici di base e MEDIAZIONE FAMILIARE, quando necessaria
Gentili lettori, mantenendo fede alla parola data, questa settimana concentreremo la nostra attenzione sui temi dell’economia familiare e del binomio famiglia-lavoro in età contemporanea.
1) VARIABILITÀ DEL CONCETTO DI FAMIGLIA IN RELAZIONE ALL’ATTIVITÀ LAVORATIVA ED ALLA COLLOCAZIONE SOCIALE DEI SUOI COMPONENTI
Fino a pochi decenni or sono i concetti di appartenenza familiare, attività lavorativa e collocazione sociale coincidevano in toto poichè il lavoro veniva suddiviso tra i vari componenti della famiglia e le gerarchie tra famiglie si delineavano sulla base del diverso tipo di lavoro svolto e del diverso prodotto offerto.
Economia domestica, finanziaria e commerciale erano un tutt’uno all’interno della casa, concepita come piccola impresa (come accade tutt’oggi nelle famiglie agricole, artigiane o costituenti piccole aziende familiari) ed iniziarono a separarsi solo nell’era capitalistica moderna, in primis nelle famiglie aristocratiche e borghesi.
Nei contesti familiari dei lavoratori retribuiti, invece, seppure i membri della famiglia godessero di redditi individuali, tutti concorrevano a formare un’unica economia familiare ed il denaro veniva utilizzato esclusivamente per i bisogni della famiglia.
Con la nascita della famiglia moderna si è, invece, delineata una netta separazione tra famiglia, lavoro e relazioni economiche e se tale fenomeno in un primo momento ha determinato una limitazione del concetto di famiglia a mero centro di affetti e relazioni interpersonali, in anni più recenti ha permesso di far riemergere, nel contesto familiare, i nessi di collegamento di tale realtà con l’aspetto economico e lavorativo.
2) ECONOMIA FAMILIARE:
a) Famiglia come ambito di redistribuzione del reddito
Da secoli la famiglia rappresenta la fonte principale di redistribuzione sia degli aspetti di cura e solidarietà dei propri cari, che del reddito degli stessi (si pensi, ad esempio, agli anziani, di cui i familiari si prendono cura ed il cui reddito è per la maggior parte garantito dalla solidarietà familiare, posto che il sistema pensionistico statale è un “privilegio” riservato a pochi e previsto solo in alcuni Paesi).
Nella società moderna un individuo può esercitare il proprio diritto al consumo o direttamente, inserendosi nel mercato del lavoro, o in via indiretta, mediante la propria appartenenza ad un gruppo familiare (e ciò vale sia per i soggetti privi di reddito – come, ad esempio, i figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti – sia per coloro che lo percepiscono, posto che il valore di un reddito dipende, oltre che dal potere di acquisto, anche dal numero dei redditi concorrenti nel bilancio familiare e dal numero di individui che gravano su quest’ultimo; il reddito “disponibile” non è, quindi, quello individualmente posseduto ma quello a cui si ha effettivamente accesso).
Per completezza è utile sapere che in molti Paesi le famiglie con figli vengono aiutate mediante sussidi o servizi per l’infanzia ed i cittadini privi di reddito o con reddito molto basso possono beneficiare di un reddito minimo.
Preso atto che l’appartenenza ad una famiglia inevitabilmente condiziona l’esercizio del diritto al consumo e l’utilizzo del proprio reddito, essa determina anche la collocazione sociale e lo stile di vita di un individuo, a prescindere dalla sua occupazione.
b) Famiglia come unità di reddito e di consumo
La redistribuzione dei redditi nell’ambito familiare da un lato fortifica la solidarietà e cura familiare ma dall’altro rende maggiormente evidenti le differenze sociali.
Ciò in quanto la famiglia individua una unità di reddito e di consumo nel mercato di beni e servizi ed esercita il ruolo di mediatrice nelle trasformazioni economiche e culturali della società (è in famiglia che si pianificano le spese da affrontare in base al grado di importanza attribuita ai bisogni che ciascun membro mira a soddisfare).
Vero è, però, che nell’attuale società dei consumi i membri di una famiglia tendono a comportarsi come consumatori individuali, in modo da evidenziare la propria autonomia. In particolare, già dagli anni cinquanta del secolo scorso i giovani hanno iniziato a scegliere i propri beni di consumo (abbigliamento, attività nel tempo libero, etc.) senza coinvolgere gli altri membri della famiglia, che pian piano si sono adeguati e hanno fatto altrettanto.
Salvo le spese per la casa (lavori di manutenzione, canone di locazione, utenze di servizi e, in parte, acquisto di generi alimentari), i consumi sono oggi giorno sempre meno “familiari” e sempre più “individuali”, posto che i ritmi e gli stili di vita contemporanei impongono molto spesso un consumo forzatamente disomogeneo e non comunitario di beni e servizi, nonostante la famiglia permanga una unità reddituale nella quale si decide in via unanime la quota di risorse di cui ciascun membro può disporre.
c) Correlazione tra famiglia e povertà
L’appartenenza ad un gruppo familiare può, al contempo, proteggere dalla povertà ma anche mettervi a rischio e ciò dipende dal numero di redditi che vi confluiscono e dal numero di membri che la compongono (un reddito potrebbe essere singolarmente adeguato ma non essere sufficiente se da solo deve essere redistribuito per sopperire ai bisogni di tutti i membri della famiglia e viceversa più redditi che singolarmente sarebbero inadeguati potrebbero diventare sufficienti se combinati tra loro).
Fino agli anni ottanta i soggetti a maggior rischio di povertà erano gli anziani che non avevano maturato contributi sufficienti a garantire loro una pensione adeguata.
Successivamente le categorie più vulnerabili sono divenute le famiglie numerose (con tre o più figli), le famiglie monogenitoriali (in particolare se ricondotte a donne) e le famiglie unipersonali (con unico membro in età adulta avente un reddito basso).
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3) BINOMIO FAMIGLIA – LAVORO IN ETA’ CONTEMPORANEA
E’ di palese evidenza che nella società contemporanea la dimensione lavorativa e quella familiare siano strettamente interdipendenti e ciò ha comportato che, a partire dagli anni novanta del secolo scorso, le problematiche di conciliazione tra tali ambiti sociali siano frequentemente divenute oggetto di dibattito.
Nel binomio famiglia-lavoro gli elementi che maggiormente incidono sugli equilibri interni della vita di un individuo sono la ripartizione del lavoro e l’attribuzione di diversi compiti, responsabilità e competenze tra uomini e donne.
È comprensibile che la maggiore partecipazione femminile nel mercato del lavoro e nell’organizzazione della vita familiare (cosa che, fino a pochi decenni or sono, spettava unicamente al capo famiglia di sesso maschile) abbia comportato dei mutamenti nelle abitudini e negli stili di vita, con conseguente creazione di nuovi equilibri (ad es. lo sviluppo dei servizi per le famiglie, la diffusione del lavoro atipico e part-time, l’ideazione di nuove tecnologie domestiche, ecc.).
Nei primi anni settanta del secolo scorso in Italia l’impiego maschile e femminile nel mercato del lavoro era strettamente collegato al tempo che uomini e donne dedicavano al lavoro familiare (per ogni uomo impegnato a tempo pieno nella propria attività lavorativa vi era tendenzialmente una donna dedita esclusivamente al mènage familiare, specialmente in presenza di figli in età prescolare e scolare e ciò a causa dei pochi servizi per l’infanzia offerti dalla società).
La situazione era già un po’ diversa in Inghilterra e negli Stati Uniti, dove accanto alla figura della casalinga iniziava a delinearsi quella della lavoratrice part-time e della lavoratrice di ritorno (ossia della donna la cui presenza in famiglia non era più costantemente necessaria e poteva, quindi, rientrare nel mercato del lavoro).
In tal modo cominciò pian piano a mutare l’organizzazione del mercato del lavoro (aumento della domanda di lavoro part-time) e della vita quotidiana (aumento dei servizi per l’infanzia, delle mense, ecc.), consentendo alla donna di svolgere un lavoro remunerato accanto a quello familiare.
I paesi industrializzati cominciarono ad investire maggiormente nell’istruzione femminile e pian piano le donne iniziarono a ricoprire due ruoli (mogli/madri e lavoratrici) e due lavori (lavoro familiare e lavoro remunerato).
Alla fine degli anni settanta del secolo scorso l’occupazione femminile divenne un feno-
meno di massa e ciò fu favorito sia dalla crescita del settore terziario e declino del settore industriale, che dalla disponibilità di lavori atipici (come, ad esempio, il part-time).
È rilevante notare che le differenze nel grado di occupazione femminile tra i vari Paesi industrializzati sono legate al tipo di offerta di lavoro, la quale si determina sulla base delle opportunità e dei vincoli che il contesto socio-istituzionale impone (si pensi, ad esempio, ai sussidi statali familiari, alla figura della madre lavoratrice, al modello di welfare di un Paese, ecc.), condizionando le scelte individuali e familiari.
Se è vero che negli ultimi quarant’anni l’occupazione femminile è aumentata ovunque, è altrettanto vero che le caratteristiche delle donne lavoratrici e le loro modalità d’impiego sono diverse da quelle dei lavoratori uomini. E’, peraltro, diverso anche il modo in cui le donne gestiscono le responsabilità nascenti dal lavoro remunerato e da quello familiare: c’è chi sceglie di lavorare solo prima di avere figli, chi si dedica totalmente alla prole nelle fasi più delicate di crescita e vi pospone l’ingresso nel mondo del lavoro, chi decide di vivere simultaneamente entrambe le situazioni (lavorativa e familiare), riservando maggiore spazio all’una o all’altra in base alle necessità del momento.
Quest’ultima soluzione è quella più frequentemente scelta dalle donne giovani, che vivono una continua interferenza tra famiglia e lavoro ed è interessante notare che recenti studi hanno rilevato una forte incidenza del titolo di studio nella compresenza di occupazione femminile e lavoro familiare (le donne con istruzione medio-alta tendono a far coesistere la sfera lavorativa e quella familiare – fenomeno in largo aumento negli ultimi anni – mentre quelle con istruzione bassa, che solitamente svolgono impieghi meno qualificati, preferiscono dedicarsi totalmente alla famiglia in caso di matrimonio o di nascita di figli).
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Nel prossimo articolo si affronterà l’evoluzione che ha avuto il diritto di famiglia nel tempo e si analizzeranno nello specifico le politiche sociali adottate in Italia volte a sostenere le famiglie nel mantenimento e nella cura dei figli.