LA FAMIGLIA OGGI: UNA REALTÀ IN EVOLUZIONE – Cap. 7°
MEDIAZIONE STRUTTURATA
Gentili lettori, come promesso, nel corso delle prossime pubblicazioni, Vi proporremo un approfondimento dei vari modelli di mediazione familiare che sono stati elaborati negli anni. Partiamo, oggi, dalla mediazione strutturata, analizzandone elementi e caratteristiche peculiari.
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La mediazione strutturata si è diffusa verso la metà degli anni Settanta, grazie all’impegno profuso da O.J. Coogler per trovare una modalità alternativa di gestione delle crisi coniugali, sulla base della propria esperienza personale.
Dopo la morte di Coogler, nel 1982, il modello è stato portato avanti e completato da Sarah Grebe, che ne ha chiarito la struttura e il metodo.
La mediazione strutturata consiste in un intervento di tipo sistematico che necessita il rispetto di diverse regole, secondo un severo ordine logico e storico.
Viene delineato un percorso predefinito, seguendo un procedimento particolare, articolato in fasi e comprende sia le questioni relative all’educazione dei figli e al loro mantenimento, sia quelle patrimoniali.
Obiettivo principale è quello di ristabilire la comunicazione fra le parti, lasciando ampio spazio all’autodeterminazione e per fare ciò tale modello cerca di ridurre al minimo il ruolo delle emozioni, controllandone gli effetti e prevenendo reazioni esplosive ed irrazionali delle parti.
La mediazione strutturata ha l’obiettivo, dunque, di aiutare le persone a mantenere il controllo, la dignità ed il rispetto di sé e dell’altro sia in famiglia (che viene vista come nucleo da riorganizzare) che, in generale, nelle relazioni sociali.
Il mediatore interviene per ristabilire un equilibrio di potere tra le parti, puntando ad una loro autodeterminazione, collaborazione e comunicazione, con lo scopo di superare il conflitto e ha il compito di creare un setting facilitante che permetta alla coppia di proporre soluzioni ed individuare opzioni.
Il mediatore deve, peraltro, essere del tutto neutrale, in virtù del ruolo di guida che ricopre, perciò sono per lo più evitati i colloqui individuali e la richiesta di consigli legali; i figli possono, talvolta, essere coinvolti ma solo se ritenuto necessario.
Come più sopra accennato, il modello strutturato di mediazione si articola in quattro fasi, che delineano lo “schema di risoluzione del problema” pensato da Coogler.
- Prima fase: definizione dei problemi. Le parti, con l’aiuto del mediatore spiegano con la massima chiarezza possibile le difficoltà che incontrano sulle questioni da trattare.
- Seconda fase: raccolta delle informazioni ad opera del mediatore, il quale incoraggia le parti a comunicare e spiegare i propri punti di vista in maniera chiara, prestando attenzione a quelli dell’altro/a.
- Terza fase: formulazione delle opzioni ed analisi delle relative conseguenze (utilizzando sempre l’ottica del “vincente-vincente”).
- Quarta fase: scelta dell’opzione che appare essere la migliore soluzione al problema da risolvere.
Sarah Grebe ha, peraltro, evidenziato l’importanza che le questioni principali siano affrontate secondo un determinato ordine, partendo dalla genitorialità, passando alla divisione delle proprietà coniugali e concludendo con il mantenimento dei figli ed, eventualmente, del coniuge.
Terminata l’analisi ed ottenuto un accomodamento di massima sulle varie questioni analizzate, il mediatore redige un elenco dettagliato di tutti gli accordi raggiunti e ne fornisce una succinta motivazione.
Tale elaborato rappresenta un progetto di accordo e costituisce la base di partenza su cui fondare l’accordo definitivo da depositare nelle opportune sedi giudiziarie.
In via generale gli elementi fondamentali della mediazione strutturata si possono così riassumere:
principio dell’equidistanza e della parità tra le parti;
controllo della sofferenza della coppia attraverso un approfondimento e monitoraggio degli interessi delle parti;
sostegno alla coppia affinché mantenga la propria dignità e rispetto reciproco, contenendo sentimenti distruttivi ed irrazionali;
incoraggiamento alle coppie a pensare e negoziare soluzioni adeguate;
sprono alla collaborazione pur mantenendo i giusti spazi di auto considerazione;
attenzione costante alle regole ed ai “compiti”, intesi come strumenti utili ad autodeterminarsi;
informazione, conoscenza e accettazione dei principi della mediazione.
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Nel prossimo articolo proseguiremo l’analisi dei modelli di mediazione familiare, focalizzando l’attenzione su quello negoziale.