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LA FAMIGLIA OGGI: UNA REALTÀ IN EVOLUZIONE – Cap. 2

Istituti giuridici di base e MEDIAZIONE FAMILIARE,  quando necessaria


Gentili lettori, proseguendo lo studio della Famiglia, passeremo ora ad esaminare nello specifico le nuove realtà familiari che si sono sviluppate in Italia negli ultimi decenni.

I “NUOVI” MODELLI DI FAMIGLIA

A partire dagli anni ’70, con l’introduzione del divorzio e la riforma del diritto di famiglia, il concetto tradizionale di “famiglia” è stato messo in discussione ed affiancato da una varietà di situazioni (individuali e familiari), sempre più spesso non fondate sul matrimonio ma su nuove regole e valori.

L’individuazione, nella società contemporanea, di regole e valori innovativi rispetto al passato, di nuove fasi nel corso della vita degli individui e di fenomeni di diversificazione familiare (quali l’instabilità coniugale o l’invecchiamento) ha determinato la nascita delle cc.dd. “nuove” famiglie ossia di nuove tipologie/modelli di famiglie, tra cui le famiglie monogenitoriali, le famiglie ricostituite, le famiglie unipersonali e le convivenze more uxorio.

A) FAMIGLIA MONOGENITORIALE

Questo modello di famiglia è in aumento in tutti i paesi europei principalmente per tre fattori: la vedovanza, la procreazione fuori dal matrimonio e, soprattutto, la rottura del rapporto coniugale.

In quest’ultima situazione l’ordinamento italiano tutela l’interesse dei figli a mantenere rapporti continuativi con entrambi i genitori ma la frequenza degli incontri con il genitore non convivente dipende dal tipo di conflitto coniugale sotteso alla rottura.

Se i rapporti sono frequenti si configura spesso il fenomeno del pendolarismo familiare ed è complesso individuare i confini relazionali (ad es. la responsabilità genitoriale), economici (ad es. il mantenimento dei figli, gli assegni familiari, ecc.) ed organizzativi (ad es. la gestione degli impegni extrascolastici dei figli) della famiglia monogenitoriale (quella del genitore con cui i figli convivono) e di quella unipersonale (quella del genitore non convivente con i figli).

B) FAMIGLIA RICOSTITUITA

Tale struttura familiare si configura quando uno dei due partners è già stato precedentemente sposato e si trova nello status di vedovo, separato o divorziato.

La situazione è, evidentemente, più complessa nel caso in cui uno e entrambi i partners abbiano figli di rapporti precedenti. In tal caso è ancora più difficile individuare i confini tra le famiglie e nei figli possono sorgere dei problemi relazionali e di identificazione soggettiva (ad es. quanti “genitori” e quanti “nonni” sono individuabili?).

Nel nostro Paese le famiglie ricostituite sono attualmente meno diffuse che nel resto d’Europa e ciò accade in quanto il tasso di instabilità coniugale è ancora abbastanza basso e convolano a seconde nozze molti più uomini divorziati che donne (sia per la presenza di figli, che tendenzialmente inibiscono la decisione di risposarsi, sia per la minore appetibilità matrimoniale di una donna di mezza età rispetto ad un uomo suo coetaneo).

C) FAMIGLIA UNIPERSONALE

Tale tipologia di famiglia è in crescita in tutti i paesi europei, a fronte di un aumento delle aspettative di vita e dell’instabilità coniugale.

E’ rilevante notare che uomini e donne vivono da soli in fasi diverse della loro vita e ciò a fronte sia del divario di età tra i coniugi al momento del matrimonio che della maggiore longevità femminile.

In Italia le famiglie unipersonali sono tendenzialmente di soli uomini per lo più in età centrale e ciò sia per abitudini culturali (è, generalmente il maschio che, nell’opinione comune, esce di casa per motivi lavorativi), sia per affido prevalente dei figli alla madre in ipotesi di separazione e divorzio, sia per processi migratori interni ed internazionali.

D) CONVIVENZA MORE UXORIO (c.d. “FAMIGLIA DI FATTO”)

1) Definizione e sviluppo della famiglia di fatto

La struttura della convivenza more uxorio è identica a quella della famiglia nucleare coniugale ma è diversa la forma di legittimazione (nel primo caso la mera scelta di vivere insieme, nel secondo caso il matrimonio).

Ad ogni modo, già dalla seconda metà del XX° secolo i figli naturali sono stati equiparati a quelli legittimi e godono delle stesse tutele (cosa che, invece, non accade tra persone conviventi e spostate).

Si possono distinguere convivenze eterosessuali ed omosessuali.

I motivi che inducono una coppia a convivere, senza sposarsi, sono molteplici ma raggruppabili in quattro principali categorie:

a) convivere per provare la solidità del rapporto di coppia, in vista del matrimonio;

b) convivere per impossibilità di sposarsi, non avendo ancora ottenuto il divorzio (va detto, però, che in certi casi si evita volontariamente di chiedere il divorzio per non perdere il diritto all’assegno di mantenimento, alla pensione di reversibilità e all’eredità);

c) convivere per negoziare, ossia per potersi suddividere ruoli e responsabilità familiari in modo più “fluido” rispetto alle coppie sposate (nelle quali, per stereotipo comune, si associa il marito al lavoro retribuito e la moglie al lavoro familiare);

d) convivere per rifiuto ideologico del matrimonio.

2) Tipologie di convivenze more uxorio e diffusione delle stesse in Europa e Italia

Le convivenze more uxorio si sono inizialmente diffuse nei paesi nordici, in Inghilterra, in Francia e nei paesi post-comunisti (Lettonia, Estonia, Ungheria e Slovenia) in cui il processo di secolarizzazione della società era già in uno stadio avanzato.

In Italia le coppie di fatto hanno iniziato ad affermarsi in un secondo momento – dapprima tra persone adulte e poi tra i giovani – ma oggi sono molto diffuse (specialmente al nord), tanto che dagli ultimi accertamenti Istat è emerso che vi è stato un calo di matrimoni del 6% annuo ed un aumento delle nascite di figli naturali (fuori dal matrimonio), pari a circa il 22% dei nuovi nati.

Le convivenze, a differenza dei matrimoni, comportano una maggiore autonomia economica ed organizzativa dei partners e si possono distinguere in due tipologie:

a) convivenze giovanili (o prematrimoniali): possono essere intese sia come “prova generale” in vista del matrimonio, che come forma di fidanzamento o di organizzazione della vita quotidiana senza finalità matrimoniali. Non sempre i giovani conviventi sono del tutto economicamente autosufficienti e capita spesso che ricevano ancora, almeno in parte, un sostegno economico dai genitori (ad es. fidanzamento e convivenza tra due studenti universitari);

b) convivenze tra adulti in età centrale: sono un fenomeno consistente nei paesi scandinavi e spesso interessano persone che hanno alle spalle un precedente matrimonio.

In ogni caso, a prescindere dall’età giovanile o matura dei conviventi, si è notato che gli stessi hanno generalmente una maggiore autonomia reciproca, sia economica che di organizzazione della vita quotidiana e questo sembra sia uno dei principali motivi che comportano una maggiore instabilità delle convivenze rispetto ai matrimoni.

La rilevante fragilità di tali unioni di fatto può destare alcune giustificate preoccupazioni poiché, da un alto, appare in aumento il numero di bambini interessati nella separazione di fatto dei genitori e, dall’altro, i conviventi “deboli” godono di tutele istituzionali nettamente minori rispetto ai soggetti sposati.

Solo di recente, infatti, la Legge n. 76/2016 ha introdotto nuove regole per le unioni civili e le convivenze di fatto, riconoscendo alle stesse una serie di diritti connessi alla vita sociale (ad es. diritto di accesso alle informazioni sanitarie in caso di malattia o ricovero del partner) ed una maggiore tutela economica (il partner più debole potrà chiedere all’altro la corresponsione di una somma a titolo di prestazione alimentare ma solo per un periodo proporzionale alla durata della convivenza).

In Italia stanno rapidamente aumentando le convivenze giovanili (in particolare al nord) e pian piano ne sta crescendo anche la durata.

3) La nuova legge sulle unioni civili e sulle convivenze more uxorio (Legge Cirinnà n. 76 del 20.05.2016)

Dopo un lungo periodo di attesa, accompagnato da polemiche, discussioni e prese d posizione, è stata promulgata la legge n. 76 del 20.05.2016 sulle unioni civili e sulle convivenze di fatto, detta anche “Legge Cirinnà”, che consta di un articolo e 69 commi.

E’ legalmente riconosciuta ai conviventi la possibilità di sottoscrivere un apposito contratto di convivenza, al fine di disciplinare i propri rapporti patrimoniali.

Il contratto è redatto in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o un avvocato, che ne attestano la conformità a norme imperative ed ordine pubblico (commi 50 e 51).

Affinchè tale contratto diventi opponibile ai terzi il professionista (notaio o avvocato) che lo ha ricevuto deve trasmetterne copia, entro i successivi 10 giorni, al Comune di residenza dei conviventi per la trascrizione anagrafica (comma 52).

L’oggetto del contratto può essere triplice (comma 53):

  1. indicazione della residenza dei conviventi;
  2. modalità di contribuzione di ciascun convivente alle necessità della vita in comune, sulla base delle rispettive sostanze e capacità di lavoro;
  3. indicazione del regime patrimoniale della comunione dei beni (modificabile in qualsiasi momento con le stesse modalità previste per la redazione del contratto),

e non può essere sottoposto a termini o condizioni (che, se inseriti, si danno per non apposti – comma 56).

Il contratto è affetto da nullità insanabile (comma 57) se viene concluso:

a) tra due persone sposate, unite civilmente o parti di altro contratto di convivenza;

b) in violazione del comma 36 (ossia tra persone non conviventi);

c) da un minorenne;

d) da un interdetto giudiziale;

e) da soggetto condannato ai sensi dell’art. 88 C.C. per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra.

Il contratto si risolve (comma 59) in caso di:

a) accordo delle parti;

b) recesso unilaterale di uno dei conviventi;

c) matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra uno dei conviventi ed altra persona;

d) morte di uno dei contraenti.

Nelle ipotesi a) e b) la risoluzione deve avvenire nelle stesse forme di cui al comma 51 e, se è prevista la comunione dei beni, la risoluzione ne determina lo scioglimento.

Novità rilevante in materia è che, in caso di malattia o ricovero, ai conviventi è data la possibilità di esercitare liberamente il diritto di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali, secondo le regole previste per i coniugi ed i familiari (comma 39).

Sempre per una maggiore tutela reciproca il comma 40 prevede che ciascun convivente possa preventivamente designare l’altro quale suo rappresentante, con poteri pieni o limitati, in caso di:

a) malattia comportante incapacità di intendere e di volere (per le decisioni concernenti la salute);

b) morte (per eventuale donazione di organi, trattamento del corpo e funerale).

Il comma 48 prevede, altresì, che ciascun convivente possa divenire tutore, curatore o amministratore di sostegno dell’altro, qualora costui sia dichiarato interdetto o inabilitato o ricorrano i presupposti di cui all’art. 404 C.C. .

Se decede il convivente proprietario della casa di comune residenza, è riconosciuto al convivente superstite il diritto di continuare ad abitare nella casa familiare per 2 anni o per un periodo pari alla durata effettiva della convivenza, se superiore a 2 anni e comunque massimo per 5 anni.

Se, però, il convivente superstite abiti nella casa con propri figli minori o disabili allora avrà il diritto di restare per un periodo non inferiore a 3 anni (comma 42).

Il coniuge superstite ha, peraltro, diritto di ricevere temporaneamente la concessione in uso della casa di comune residenza da parte degli eredi, i quali sono tenuti a dichiarare la rendita catastale dell’immobile ed a pagare le relative tasse di Imu e Tasi.

Se decede il convivente che è conduttore della casa di comune residenza o se il convivente conduttore recede dal contratto di locazione, l’altro convivente ha facoltà di succedergli nel contratto (comma 44) in materia immobiliare, è, poi, riconosciuta ai conviventi la possibilità di godere dell’appartenenza ad un determinato nucleo familiare per ottenere una preferenza nell’assegnazione di alloggi di edilizia popolare (comma 45).

Novità di rilievo è l’introduzione, in materia di azienda familiare, dell’art. 230-ter C.C., secondo cui anche il convivente di fatto, che presti stabilmente la propria opera nell’impresa dell’altro convivente, ha diritto a partecipare agli utili ed agli incrementi dell’azienda in base alla quantità di lavoro prestato (comma 46).

Ulteriori novità di rilievo sono rappresentate, in sede di ordinamento penitenziario, dal riconoscimento ai conviventi degli stessi diritti dei coniugi e dal riconoscimento al convivente superstite dello stesso diritto al risarcimento spettante al coniuge superstite in caso di fatto illecito commesso da un terzo (comma 49).

Altra importante innovazione legislativa concerne, in caso di cessazione della convivenza, l’introduzione del diritto del convivente di ricevere dall’altro gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. Tale diritto è però riconosciuto dal Giudice in proporzione alla durata della convivenza e nella misura determinata ex art. 438, II° comma C.C., ossia in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli.

Per inciso è bene ricordare che il diritto agli alimenti è diverso dal diritto all’assegno di mantenimento, il quale ultimo spetta anche se non c’è uno stato di bisogno ed “a tempo indeterminato” (ossia fino ad una successiva pronuncia di un giudice che lo modifichi o lo revochi).

Diversamente dalle unioni civili, la nuova legge non prevede che gli alimenti versati dal coniuge convivente siano fiscalmente deducibili ed il beneficiario di tali somme non deve sottoporle a tassazione in quanto non costituiscono reddito assimilabile a quello percepito da un lavoratore dipendente.

Se nel contratto di convivenza è previsto il regime patrimoniale della comunione dei beni allora i redditi prodotti dall’acquisto di beni immobili durante la convivenza devono essere imputati ai conviventi in parti uguali.

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Nel prossimo articolo si affronteranno i temi dell’economia familiare e del binomio famiglia-lavoro in età contemporanea. Continuate a seguirci!

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